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STORIA DI TORINO: V E VI SEC. D.C.
a cura di Nibelheim


IL CROLLO DELL'IMPERO
Nel 476 crollò ufficialmente l'Impero romano d'occidente con la deposizione di Romolo Augustolo da parte del generale barbarico Odoacre. Non tanto la deposizione in sé determinò la caduta dell'Impero, quanto il fatto che Odoacre avesse rifiutato il titolo di nuovo imperatore romano, poiché egli si riteneva una capo germanico e non aveva perciò nessuna aspirazione alla successione. La penisola italiana non aveva perciò più un imperatore ed era scissa da Costantinopoli.
Tale periodo è stato fin troppo trascurato dalla storiografia, perché considerato semplicemente epoca oscura. Difficilmente può essere relegato in secondo piano un momento storico che ha avuto il ruolo di cerniera tra una lunga e importante fase storica, quella romana, e una nuova era, quella di mezzo, senza commettere un madornale errore di valutazione. Non si può, però, certo negare che sia stato un periodo di abbondante documentazione scritta; tutt'altro. I nuovi signori germanici, con l'eccezione di pochi, inizialmente non conoscevano la scrittura e perciò per i documenti più importanti si affidavano al clero. Quest'ultimo veniva ad acquisire così il monopolio sull'istruzione e sulla cultura, che si avviava a diventare in epoca alto medievale appannaggio dei centri episcopali o monastici.
Peraltro i documenti e le fonti scritte di cui disponiamo non offrono nemmeno un quadro esauriente della situazione di quel periodo. Danno informazioni inerenti la politica e la religione, ma certamente nessuna notizia riguardante la popolazione comune e la vita quotidiana. Ne deriva che non possiamo fare una precisa analisi sociale dell'alto medioevo.
Sappiamo però che il crollo dell'impero fu coevo ad altri fattori come l'abbandono e la decadenza delle città, un decremento demografico e una crisi economica. Ultimo non per importanza è l'arrivo e lo stanziamento di popolazioni germaniche nella penisola. Difficile dire quanto ciascuno di questi fenomeni abbia influenzato gli altri, certo è che, diversamente da quanto si pensava un tempo, il crollo dell'impero non fu imputabile all'arrivo dei Germani. La struttura romana era già profondamente minata al suo interno e l'arrivo di nuove popolazioni accelerò semplicemente il processo di disintegrazione.

TORINO OSTROGOTA
Sappiamo che l'arrivo delle popolazioni germaniche, specie dei Goti, a Torino e nel resto d'Italia non fu un fenomeno così cruento come certe scuole di pensiero hanno sostenuto fino a poco tempo fa in base a determinate cronache di parte anti germaniche e filo romane dell'epoca.
E' noto che almeno inizialmente il potere episcopale e i nuovi dominatori collaborarono nell'amministrazione della città altomedievale. E' da rilevare che tendenzialmente il potere del vescovo offriva un punto fermo in grado di garantire un'autorità più salda e duratura rispetto a quella dei comandanti germanici, troppo spesso coinvolti in lotte intestine per la successione; non possono essere esclusi casi in cui anche l'episcopato vedeva vacillare la sua autorità. E' di questo periodo la costruzione di monasteri che diverranno veri e propri centri di cultura, ovviamente riservata ai monaci; sono il monastero di S.Michele della Chiusa e il monastero di Novalesa.
Abbiamo detto che l'assetto sociale e amministrativo, specie sotto i Goti, non cambiò molto rispetto a quello romano. Ciò lo si vide bene con Teodorico, che sconfisse Odoacre nel 493 e si fece chiamare re d'Italia. Spirito colto e raffinato era stato allevato e istruito alla corte di Costantinopoli. Avrebbe voluto essere imperatore tanto dei Goti quanto dei Romani. Sotto di lui venne alleviata la pressione fiscale e sentendosi successore dei Romani continuò sostanzialmente la medesima politica amministrativa. Rafforzò le guarnigioni poste a presidiare la Valle d'Aosta. Poiché da quella zona non erano infrequenti attacchi e incursioni burgunde. Teodorico vedeva in Torino esattamente ciò che avevano visto i suoi predecessori romani, ovvero un importante centro nevralgico e di controllo che andava tutelato. I suoi timori si rivelarono ben presto fondati. I Burgundi entrarono in Lombardia e Piemonte e fecero prigionieri. Dimostrando grandi doti diplomatiche, degne di un colto e raffinato regnante, inviò il vescovo di Pavia e quello di Torino, Vittore, che riuscirono ad ottenere il rilascio dei prigionieri senza pagare alcun riscatto. In questo episodio abbiamo una prova della proficua sinergia esistente tra il re e il potere episcopale.
Nel 508 Teodorico cacciò i Burgundi dalle zone saccheggiate; tali popoli si attestarono definitivamente in Valle d'Aosta.
Nel 526 Teodorico morì e si innesco un processo tipico in questi casi: lotte sanguinose per la successione portarono a un decadimento generale. L'imperatore di Costantinopoli, Giustinano, ne approfittò e inviò una esercito guidato dal generale Belisario. Ebbe così inizio nel 535 la guerra greco-gotica che vide la mobilitazioni di tutti i guerrieri goti migliori, che in un simile evento lasciarono da parte gli screzi interni. La guerra terminò nel 553 e vide l'esercito ostrogoto sconfitto.

TORINO LONGOBARDA
La vittoria di Giustiniano durò poco, perché all'orizzonte già un altro popolo germanico si stava avvicinando: i Longobardi.
Popolazione proveniente dalla scandinavia meridionale avevano attraversato tutta la Germania e si erano inizialmente attestati in Pannonia, l'attuale Ungheria. Tuttavia nel 576 decisero in massa di entrare in Italia passando dal Friuli. In realtà l'enorme flusso migratorio, sebbene per la maggior parte composto di genti longobarde vedeva la presenza anche di gruppi sassoni, alamanni, sarmati e forse àvari, questi ultimi di ceppo non germanico.
Nel 569 i Longobardi capeggiati da Alboino giunsero a Torino, dopo aver posto la loro capitale prima a Verona e poi a Pavia. A differenza dei Goti che al loro ingresso in Italia erano già cristianizzati, i Longobardi presentavano una situazione eterogenea. Alcuni erano ancora pagani, altri, specie gli alamanni, che erano entrati già da tempo in contatto coi Romani, in qualità di federati, erano cristiani. La forma più diffusa di cristianesimo tra questi gruppi germani, goti compresi, era l'arianesimo; solo dopo sarebbero entrati sotto la sfera d'influenza cattolica. E' eloquente per farci capire questa molteplicità di culti, il fatto che il duca longobardo di Torino, di fede ariana, tenne prigioniero per qualche tempo il capo della diocesi Ursicino. I Longobardi peraltro non ebbero nemmeno vita facile con il papato; non poche volte, infatti, essi avevano esplicitato la loro volontà di conquistare Roma.
Anche per quanto riguarda i Longobardi è necessario sfatare il mito dei barbari sanguinari. E' attestato che al loro arrivo non ci fu alcuno sterminio di massa della popolazione. Ci furono certamente dei contrasti iniziali, ma i nuovi dominatori, postisi al comando, permisero ai contadini di continuare in pace le proprie attività e non ostacolarono l'episcopato nella sua cura delle anime.
I vecchi proprietari terrieri romani bene presto dovettero accettare il fatto di dividere il territorio con i nuovi signori. Si venne perciò a creare una nuova élite fondiaria. Alcune tracce le rinveniamo tutt'oggi in alcuni toponimi; ad esempio pare che la collina di Superga presso Torino, derivi il suo nome dalla nobile longobarda Saroperga, la quale sarebbe stata la proprietaria del luogo. Un'analoga commistione avvenne tra le due popolazioni da un punto di vista culturale e sociale. I Longobardi, diversamente dai Goti, non mantennero la struttura amministrativa romana, ma mantennero il latino come lingua ufficiale, seppur nell'ormai degenerata forma volgare.
Anche da un punto di vista legislativo i longobardi vollero apportare un loro contributo. Verso la metà del VII secolo il re Rotari promulgò l'Editto di Rotari.
L'antica suddivisione in province derivante dall'Impero romano venne sostituita dalla creazione di ducati, governati da comandanti militari longobardi.
I ducati piemontesi erano quello di Torino, di Asti, di Ivrea e di Novara.
Nonostante la capitale longobarda fosse Pavia, i singoli ducati godevano di notevole autonomia disponendo ciascuno di un cospicuo numero di armati.
Anche in campo economico furono attuate delle modifiche, infatti fu abolito il sistema di tassazione romano. La crisi economica non permetteva una solida economia monetaria; i guerrieri traevano perciò la maggior parte del loro sostentamento dalla coltivazione dei campi.
Torino non giocò certamente un ruolo di secondo piano in questo periodo. Infatti nel 590 il duca della città prese il posto del re Autari. Sposatosi con la principessa cattolica bavara Teodolinda, divenne un campione dell'ortodossia. Offrì tra l'altro ospitalità al monaco missionario irlandese Colombano, giunto a corte nel 610, il quale con l'aiuto dei finanziamenti regi, fondò presso Piacenza il monastero di Bobbio, il quale dotato di un'importantissima biblioteca, divenne uno dei maggiori centri di cultura monastici d'Italia e non solo.
In merito ad Agilulfo si è detto molto. Stando a quanto detto dal Cognasso, pare non fosse longobardo ma bensì turingio.
Dopo la morte di Agilulfo, sul trono longobardo andò il figlio Adaloaldo, poi il cognato Arioaldo. La successione al trono aveva assunto l'aspetto delle tragedie shakespeariane. Intanto i guerrieri longobardi si apprestavano a diventare dei proprietari fondiari, perdendo così il loro carattere bellicoso. Questo e continui disordini interni, nonché l'inferiorità numerica furono alla base del loro crollo.
E' certo che prima di cedere il posto ai nuovi dominatori provenienti da ovest, i Longobardi a Torino lasciarono testimonianza materiale del loro dominio. Costruirono diversi monumenti ed eressero un palazzo ducale nell'angolo nord orientale della città, verosimilmente ove ora si trova Palazzo Reale. Nei pressi fondarono anche una chiesa dedicata a S.Petro, santo a cui erano particolarmente devoti. Lentamente la città cominciava a cambiare aspetto.

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