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Torino: il Borgo Medioevale - l'antico entusiasmo di "fare una bella cosa" e le malinconie dell'oggi, nelle parole di Renzo Rossotti


Cortile di Avigliana
Cortile interno del castello
Testo tratto da: Renzo Rossotti, 'Curiosità e misteri di Torino', 1992 Newton Compton Editori.
Elaborazioni fotografiche a cura del Nibelungo.

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Quale epoca scegliere per un'eventuale passeggiata a ritroso nel tempo? Quale èra rivivere avendo a disposizione un congegno capace di riportarci indietro negli anni? La risposta dipende dai gusti e dalle tendenze di ognuno; c'è chi tornerebbe volentieri all'antichità classica e chi si fermerebbe all'ottocento giudicandolo il secolo ideale. Questo interrogativo fu il tema di un'animata discussione sorta a Torino, in un ritrovo del centro la sera dell'8 maggio 1882. Attorno a un tavolo sedevano De Amicis, Giacosa, Camerana, D'Ovidio, Teja, Arnulfi ed altri illustri personaggi. Scegliere alcune epoche caratteristiche, magari lontane tra loro, diversissime per espressione artistica, ed eternarle tutte insieme in un'opera
architettonica unica nel suo genere: ecco che cosa proponevano gli uomini raccolti quella sera nella saletta d'un caffè torinese.
De Amicis si tormentava i baffi brontolando: "Ma quali epoche allora?" e Giacosa ribatteva: "No, scegliamo piuttosto un'epoca sola, una su cui possiamo trovarci tutti d'accordo e che possa interessare l'intero Piemonte, come ha detto bene D'Andrade". E Alfredo D'Andrade, che poco prima aveva soverchiato tutti con la sua voce parlando di Corot e di Ravier, assentiva.
Qualcuno trasse di tasca pochi fogli e vennero abbozzati schizzi e progetti sul singolare quartiere che avrebbe riecheggiato fedelmente l'epoca prescelta all'unanimità: il Medioevo. Così nacque, quasi per una scommessa al caffè,
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il Borgo Medioevale.
Un gruppo di case, un complesso di torri, di cortili, di scorci "tolti" da tutto il Piemonte sarebbero sorti sulle rive del Po. E gli esperti si diedero allora un gran da fare a percorrer e in lungo e in largo la regione alla ricerca dei "modelli" disegnandoli, misurandoli, e ritraendone i particolari, con un lavoro che s'iniziò nell'estate del 1882 sotto la guida del D'Andrade, mentre i pittori Rollino e Vacca, guidati dal Pastoris, copiavano a Manta, a Issogne, a Fenis, a Sant'Antonio di Ranverso, gli affreschi e le decorazioni che dovevano essere riprodotti nel borgo e nel castello. Nello stesso tempo il pittore Gilli raccoglieva e disegnava i mobili e le suppellettili per arredare
tanto le case quanto il castello, e il professor Vayra trascorreva giornate in archivio alla ricerca di documenti che garantissero la più assoluta autenticità di ogni pezzo.
Un angolo di una casa di Bussoleno, la fontana di Oulx, la torre di Oglianico, gli affreschi del castello di Malgrà, il castello di Verzuolo, una finestra di San Giorgio a Valperga, una madonnina del Duomo di Chieri, un'altra torre, un altro portico, un'altra casa, ecco i "modelli" prescelti, ecco i pezzi che venivano via via moltiplicandosi dando origine ad un mosaico che trasformava, di mano in mano che i lavori procedevano, uno dei punti più suggestivi del Valentino.
Il 27 aprile 1884 sul ponte del castello
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medioevale scesero i paggetti in corteo e mossero incontro a re Umberto I e alla regina Margherita. Ai sovrani vennero offerte le chiavi della Rocca che recavano impresso il motto Ego januam tu corda.
Nel corso del tempo il borgo non è mutato. La strada che lo percorre tutto in un frangersi di scorci, di segmenti pieni di giochi d'ombra, di davanzali, di fontanelle discrete, di scalini e di colonne, offre alla vista uno scenario quieto, rasserenante. L'artificiosità innegabile della composizione non suscita fastidio se si varca il ponte levatoio senza la pretesa di scoprire ad ogni costo qualche cosa di artistico e di assolutamente originale. Sono mura, suppellettili, cose, scaturite d'improvviso dalla
discussione di quella sera al caffè, quando De Amicis ne parlò a Giacosa e tutti ne furono entusiasti, quasi fanciullescamente, presi dall'ardore di "fare una bella cosa".
Il verde del parco fa da corona al fiume e alle sue rive; si respira un'atmosfera artigiana e tranquilla, da scoprire, come molte cose torinesi lasciate in una penombra discreta.
Le botteghe del borgo attraggono i visitatori più ancora del borgo in sé: una scuola per l'intarsio, un'officina per i cristalli colorati che escono dalle mani di artigiani maestri nella lavorazione del vetro; un angolo per il ferro battuto e il rame; la stamperia del Borgo Medioevale ha ancora l'antico torchio ligneo del Quattrocento. Il vasaio sforna soprammobili dal collo lungo o panciuti,
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simili a giare o a grandi anfore, e il vecchio armiere, orgoglioso delle sue spade, quasi piange per non aver più venduto un'alabarda da almeno vent'anni; l'occorrente per un buon duello non trova compratori. Mancano clienti per colubrine e per balestre. Al borgo rimpiangono il mondo della cavalleria.
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